giovedì 4 aprile 2013

Interviste dietro le quinte: Francesca Amitrano, direttrice della fotografia

Intervista alla direttrice della fotografia Francesca Amitrano che, con la semplicità e la simpatia che la contraddistinguono, ci racconta qualcosa in più sul suo ruolo in Take Five e sul dietro le quinte.



Quali sono stati i momenti di maggiore stress, durante il corso delle riprese?

Sicuramente uno dei momenti di maggiore stress è stata la giornata nel Tunnel Borbonico. La location era molto difficile ed il programma intenso. Le attrezzature da portare con noi erano tante e difficili da trasportare… abbiamo dovuto illuminare una zona sotto terra! Quando fai un programma così pieno, e hai tutti questi macchinari, cominci a pensare che non riuscirai mai a fare tutto, ma forse proprio questa paura, unitamente alla consapevolezza di non poter tornare più sulla location, ci ha fatto lavorare molto bene.

C’è qualche scena cui sei legata maggiormente?

Io sono molto legata alla scena finale del film. Senza svelare troppo, sono rimasta molto colpita dalla recitazione di Emanuele (il fattorino n.d.r.). Le inquadrature sono molto belle e frutto di sperimentazioni, perché volevamo fare delle cose un po’ complicate e i mezzi non lo permettevano, quindi abbiamo inventato un modo per rendere al meglio il movimento della camera. Abbiamo provato di tutto, volevamo anche appendere un operatore al soffitto!

Come ti sei trovata a lavorare con la troupe?

Molto bene, anche perché la maggior parte delle persone le conoscevo già. Con qualche elemento nuovo della mia squadra c’è stato qualche problema di comunicazione, ma dopo un po’ si è cominciato a parlare la stessa lingua e tutto è filato liscio. Fondamentale il rapporto con la scenografia e con Guido, perché le luci di scena descrivono l’atmosfera e segnano gli ambienti. Il colore dell’appartamento, il rosso carminio, è fondamentale per la resa fotografica.

Com'era il tuo rapporto con gli attori?

Si è creato un bel rapporto con loro, e la cosa più bella che ho visto è che tutti si sono impegnati tantissimo per fare al meglio il loro lavoro. In più, si avvertiva proprio un grande attenzione ed un gran rispetto anche per tutto ciò che accadeva dietro le quinte. Un buon rapporto con tutti, ma quello che mi è piaciuto di più è stato scoprire il talento di Emanuele, che secondo me è bravissimo.

E con il regista?

Il primo giorno non è cominciato benissimo, non tanto con Guido quanto più in generale, perché le riprese in piscina sono state complicate. La sera stessa mi mandò un messaggio sul cellulare: “Franci corri!” proprio perché avevo passato tutta la giornata a fare di fretta. Alcune riprese sono state complicate e non avevamo un operatore subacqueo, quindi ci abbiamo provato un po’ tutti. Anche io mi sono buttata in acqua. Però non me la sono presa male, perché ero consapevole che non potevo fare altrimenti e che i tempi reali del lavoro non potevano essere differenti.

Avevate mai lavorato insieme?

Abbiamo cominciato insieme con un cortometraggio, Vomero Travel, e ci ha presentato Gaetano Di Vaio. Poi abbiamo fatto insieme Là-bas, quindi ci conoscevamo da prima ed avevamo lavorato insieme a questi progetti.

Ricordi qualche momento divertente, magari qualche episodio imbarazzante accaduto durante le riprese?

Una volta sono inciampata tra le luci durante le riprese nello studio fotografico. Siccome sono un po’ distratta, gli assistenti appena mi vedevano prendere una macchina o una luce – dal momento che non mi piace stare con le braccia incrociate, sul set – mi fermavano subito! Sicuramente per gentilezza e per evitare che facessi sforzi, ma immagino anche perché avessero un po’ paura che mi facessi male.

Infine, come sei arrivata a lavorare nel cinema?

Ho frequentato il centro sperimentale di Roma. Durante la scuola e dopo ho fatto esperienze su set grossi: ho lavorato in Gomorra come volontaria, ad esempio, poi sono andata in Francia contattando persone italiane che già avevano contatti lì. Sono rimasta pochi mesi. Poi ho capito che non volevo fare gavetta in altri ambiti che non fossero la fotografia pura. Ho preferito fare anche progetti più piccoli, ma sempre curando le luci e la fotografia. Ho finito per allenarmi a fare solo quello.

(Intervista a cura di GianPaolo Improta, foto di Tiziana Mastropasqua)